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Mentre tutti gli altri si ritrovano a fare condivisione, io credo che la maniera più semplice per me, per metabolizzare e raccontare le prime emozioni d questa bellissima esperienza, sia di metterle per iscritto. Forse non è corretto nei confronti degli altri, ma come sempre trovo più semplice scrivere piuttosto che parlare. Una delle cose uscite stasera è stata la preoccupazione del come riusciremo a riportare tutto ciò che stiamo apprendendo in questi giorni nel “nostro mondo”. Sinceramente penso che il mondo in cui viviamo sia lo stesso, è vario, ma è sempre questo. Cambiano le abitudini, e di conseguenza le nostre necessità e in un modo o nell’altro il nostro punto di vista, ma siamo tutti abitanti della Terra. Sinceramente non credo che una volta tornati a casa dovremo sforzarci di cambiare radicalmente le nostre abitudini, è vero ogni tanto sono esagerate, ma quelle più semplici e per noi quotidiane sono il mero sfruttamento delle risorse che ci sono state donate! Mai come in questi giorni ho imparato che il colore di pelle non fa la differenza da uomo a uomo, perchè è vero magari è indice di provenienza di due civiltà diverse, ma in comune abbiamo un bisogno fondamentale, quello di sentirci amati per ciò che siamo e per ciò che riusciamo a costruire grazie al nostro impegno.
Al momento ho ferma nella testa un’immagine di questa mattina, quando appena usciti dalla messa, un bambino mi si è avvicinato per affidarmi la sua sorellina di qualche anno più piccola, probabilmente perché voleva sentirsi più libero per qualche momento, ma ha dato l’impressione di vedere in me qualcuno di cui si poteva fidare. È stato un gesto che sicuramente non voleva significare nulla di particolare, ma è stato quel “fantasticarci” un po’ sopra, vedere che da quel momento la bambina cercava con timidezza la mia mano per non disperdersi in mezzo alla folla che mi ha reso felice!
Queste piccole cose, che alla fine si susseguono continuamente nel corso della giornata, mi aiutano a capire che si, magari può essere normale sentirsi inadeguati all’interno della baraccopoli, sicuramente per quelle piccole cose che mi viziano; ma che quel senso di inadeguatezza deve aiutarmi a concepire l’idea di dover crescere con loro, con quei bambini che ti insegnano che sorridere è molto più semplice se ci troviamo in situazioni semplici, banali. È vero, a Roma, nessuno trova un bambino che ti rincorre per strada con un sorriso sincero, ma tutti ogni giorno riceviamo un abbraccio o una carezza che ci può risultare superflua, ma che se non ci fosse ci farebbe sentire come messi da parte! Credo, che sia questa la cosa da riportare a casa, senza bisogno di rinunce particolari, quanto più un occhio più acuto verso piccole dimostrazioni o minuscoli episodi significativi, che noi ormai sbagliando diamo come scontati, li reputiamo parte della nostra quotidianità, senza veramente renderci conto della loro importanza!
Elena

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